IL  SOGNO
(Testo di  Mario  De Paz)

 

 

I E R I

IL  SOGNO

   Ho sognato di trovarmi su una strada meravigliosa con il fondo in terra battuta e i marciapiedi di pietre lisce e ordinate da scalpellini sapienti.   Da un lato sorgevano alcuni palazzi imponenti dipinti di colori soffusi, quasi timidi, ma si scorgevano anche case più modeste seppure dignitose, che rivelavano l'esistenza di un piano di crescita cittadina in un quartiere periferico.   L'altro lato della strada costeggiava diversi giardini pieni di prati erbosi fioriti e di alberi, alcuni dei quali erano evidentemente molto vecchi, ma pieni di vigore e di fierezza.
Nei giardini c'erano panchine di pietra e fontanelle da cui sgorgava acqua limpida e fresca.   E poi alberi ovunque fiancheggiavano la strada richiudendo su di essa una volta verde quasi ininterrotta.   Nel chiarore del mattino si intravvedeva il mare lontano e le montagne che si tuffavano nel mare.   Più in basso si snodava un'altra strada alberata che scendeva rapidamente verso il centro della città, la cui presenza s'intuiva appena da qualche tetto grigio lontano che occhieggiava tra un ciuffo di verde e l'intrico di rami e di foglie che imperavano ovunque.   L'atmosfera era dolcemente allietata dal cinguettio degli uccelli che volteggiavano tra gli alberi.   In quella bellissima atmosfera passeggiavo nel centro della strada su cui incontravo qualche raro carretto trainato a mano sul quale venivano trasportate le merci più varie, tra le quali spiccavano frutta e verdura prodotte dai contadini e smerciate direttamente dai carrettieri alle massaie che scendevano dai palazzi nella strada.   Le persone chiaccheravano nel colorito dialetto cittadino, la strada sembrava conferire dolcezza a tutte le persone che la frequentavano ed io partecipavo a questa simpatica sensazione.   Era uno stranissimo contesto cittadino meravigliosamente unito ad un ambiente naturale ancora primitivo che poteva appartenere solo ad un sogno.
   E quando il sogno ebbe fine, ridestandomi capii dove mi ero trovato mentre dormivo: la mia fantasia mi aveva riportato nella stessa strada dove abito: Corso Magenta a Genova, come doveva essere verso la fine dell'ottocento, una meraviglia anche oggi, ma ben lontana da quel sogno.   Tra gli alberi della strada asfaltata ci sono automobili ferme e motocicli ovunque.    Sulla strada passano veicoli in continuazione e l'aria è tutt'altro che serena.   Invece degli uccelli cinguettanti si odono  tortore e piccioni intercalati da qualche strido di pappagalli colorati che hanno invaso la città provenienti da paesi lontani.   I giardini sono ancora là con i loro alberi rigogliosi, ma le aiuole non sono erbose e fiorite.   Le fontanelle sono scomparse.   I marciapiedi di pietre ordinate sono stati ovunque sostituiti da un asfalto piene di buche e di tombini.   La strada è ancora avvolta dal verde che sembra rifiutarsi di cedere il passo a questa "civiltà" fatta di cose artificiali, rumorose ed invadenti.   Ed il verde, seppure selvaggio è l'unica meraviglia rimasta che salva il nostro Corso da un degrado totale che potrebbe renderlo un deserto di asfalto e di cemento.

 Mario De Paz

 

 

 

 

 

O G G I

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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