BATÔSI
(di Guido Zunino ed Enrico Zanotti)

BATÔSI
(plurale) (maschile) = "Monelli"

Termine non più in uso che identificava nella seconda metà dell'800 i ragazzi che oggi chiameremmo "ragazzi di strada" , anche se allora il significato era decisamente letterale in quanto erano quasi sempre ragazzi senza famiglia e senza casa che sopravvivevano di espedienti, non sempre legali.

Fontana di piazza Marsala - Genova 1880 c.a.

Fontana in piazza Marsala, Genova 1880 c.a.
Tra i ragazzi  ben vestiti alcuni poveri, certamente "batôsi".
(Foto di A.Noack - Archivio Fotografico del Comune di Genova)

     Il nostro"Batôso" genovese non vanta la notorietà che Victor HUGO ha assegnato a "Gavrosche" e neppure quella data da Ferenc MOLNAR ai suoi "Ragazzi della via Pal".   Ed anche gli "Scugnizzi" napoletani, per merito di scrittori e registi di cinema, godono decisamente di maggior fama.

     Storicamente l'ACCINELLI (1776), il CELESIA (1855) e il VITALE (1947) citano nei loro scritti che i veri protagonisti della rivoluzione di Genova del 1746 furono due "Batôsi": Balilla, che come disse MAMELI  "gittò il ciotolo incantato", e Pittamuli, che appiccò il fuoco alla caserma degli Austriaci che era sul fiume Bisagno presso il ponte di Sant'Agata, nota località della Genova antica.
     Ma oltre ai due più noti, moltissimi erano i ragazzi anonimi che sopravvivevano miseramente e a volte manifestavano la loro triste sorte, come quelli che al grido di "Abbasso il lusso" lanciarono sassi alle signore ingioiellate che, sulle portantine, nel 1849 si facevano portare al Teatro Carlo Felice nel centro della città.
    La loro non era invero una lotta di classe o una lotta politica, ma era semplicemente una manifestazione dell'enorme disagio in cui vivevano quotidianamente.
     Molto indicativa fu la descrizione di questi ragazzi fatta da un noto quotidiano genovese alla metà dell'800:

"Viso sudicio, mani nere.   Il sudiciume è la sua prima camicia.   I suoi capelli non conoscono altro pettine che le cinque dita della mano.     I suoi pantaloni sono crivellati da ampie feritoie che lasciano passare la luce anche dove l'ombra sarebbe di rigore.   Ordinariamente porta i piedi scalzi che gli permettono di misurare la profondità delle pozzanghere.     Da sette anni in poi canta, fischia, gioca, prende parte alle dimostrazioni politiche, alle riviste militare, agli spettacoli pubblici.   E' il Paganini del turpiloquio.      Quando alla mattina esce di casa ( se ne ha una), ha un solo programma: far venire sera evitando il passaggio delle carrozze ed il lavoro.   Non ha opinioni politiche, ma preferisce le dimostrazioni dove si grida < abbasso!>.     Dinnanzi alla vetrine di un Restaurant, sputa.   E' la protesta della fame.     Il muro è il suo diario, la sua lavagna; là scrive le sue memorie.     Maneggia i sassi con gran precisione, soprattutto contro le insegne".

     Lo sfondo che circondava una simile vita era, a volte, di pura sopravvivenza.   Giuseppe VERDI, a Genova per la presentazione di una sua opera nel 1891, vedendo mendicanti (e tra loro anche ragazzi) dormire per la strada sul selciato sotto i portici dell'Accademia, presso il Teatro Carlo Felice nel centro di Genova, resta colpito dal "miserando spettacolo che offrono i mendicanti che, con un freddo siberiano, dormono sul selciato", ed inizia una sottoscrizione per la costruzione di un dormitorio pubblico, sottoscrizione a cui parteciperanno anche molti altri benefattori.

via Madre di Dio - Genova 1880 c.a.

Via Madre di Dio, Genova 1880 c.a.
Anche in questa foto i ragazzi sono numerosi

(Foto di G. Sciutto - Archivio Fotografico del Comune di Genova)

     Anche Nicolò GARAVENTA, come primo impegno, per aiutare questi ragazzi abbandonati a se stessi, si interessò per trovare un locale chiuso dove questi piccoli infelici potessero trovare almeno un modesto ma sicuro giaciglio nelle fredde notti, e successivamente, su sua iniziativa nel 1885, ottiene la concessione ad ospitare in modo continuativo sulla Nave Scuola (Brigantino Daino che in seguito prenderà poi il suo nome) un certo numero di questi ragazzi "batôsi", per aiutarli ed insegnare loro un primo mestiere: il marinaio, per poter sopravvivere.     Altri, meno fortunati, quando erano presi dai gendarmi erano mandati al carcere minorile "Generale" di Torino, dove la vita e i metodi educativi erano decisamente molto duri e severi.
     Aiuti vennero anche dalla Chiesa che con: don Francesco MONTEBRUNO, don Eugenio FASSICOMO, e l'istituto dei Salesiani di Sampierdarena cercavano di aiutare questi ragazzi abbandonati avviandoli ad un onesto lavoro inserito nella società dell'epoca, che nel campo della solidarietà era ancora decisamente agli inizi.

     Anche fuori dal centro storico, ad esempio nella zona di Porta Pila, vi era una "Corte dei miracoli" molto eterogenea composta da: accattoni che espongono le proprie deformità, donne scarmigliate che con urla strazianti cercano di attirare l'attenzione e l'elemosina dei passanti, fanciulli e ragazzini che in mezzo ai banchi del locale mercatino (con le lacrime agli occhi) dovevano impietosire e stimolare la regalia di pochi spiccioli che poi venivano presi dai loschi individui che li costringevano con le botte a quella sceneggiata.

Ragazzi in via Nino Bixio a Genova - fine '800

Questi tre ragazzi fotografati a Genova in via Nino Bixio alla fine dell'800 sono decisamente diversi.     I due di sinistra, bene in carne, sono ben vestiti e con il triciclo, mentre il ragazzo di destra, a giudicare dalle guance quasi incavate, dai vestiti gualciti e trasandati e dalle mani sporche potrebbe essere l'emblema del "Batôso" di strada.
 

     Quando nel 1880 viene aperta ed inaugurata la centrale ed elegantissima via Roma, i giornali dell'epoca dopo la descrizione dei marmi e dei cristalli splendenti, ricordano anche le nenie dei suonatori di organetto, gli strilli dei  venditori di cerini, i lamenti dei mendicanti che stazionavano nelle vicinanze.
     E i genitori di questi infelici ragazzi?   Se esistevano, molto spesso se ne disinteressavano o alle volte addirittura arrivavano, per recuperare del denaro, a "venderli" a personaggi senza scrupoli che li portavano in altre città costringendoli all'accattonaggio.

Scuolabus della fine dell'800

Ecco lo "Scuolabus" che raccoglieva i ragazzi dai paesini vicini per portarli a scuola. - Genova fine '800.
(Foto della Collezione  S.Finauri)

     E la scuola pubblica?   Come riporta un giornale del settembre 1884, nelle aule spesso anguste erano stipate classi di ottanta alunni, cinque per banco.   E chi aveva i vestiti troppo strappati e laceri o era senza scarpe non veniva neppure ammesso in scuola.
     E' quindi ovvio che superata l'età della fanciullezza ed avvicinandosi l'adolescenza, senza genitori, senza scuola, senza controllo, questi "batosi" si organizzassero in gruppi autonomi o bande che con varie tecniche distrattive rubavano la merce esposta dai banchi dei mercatini o dei negozi sia per mangiare che per rivenderla, o addirittura imponevano ai bottegai dei contributi per non essere da loro infastiditi.
     Molto spesso i punti di ritrovo di queste "compagnie" erano le calate del porto dove potevano trovare nelle chiatte o sui moli un riparo e un giaciglio sui sacchi di grano o di caffè che erano lì ammonticchiati.
   A volte, come viene citato dalla "Gazzetta di Genova" del 10 luglio 1860, vi erano frequenti scontri fra opposte bande (forse per il controllo dei propri territori) a suon di sassaiole sul greto del torrente Bisagno spesso con feriti gravi o con esiti fatali, come avvenne nel 1868 quando sul Bisagno, provenienti da Borgo Incrociati, giunsero sui ragazzi "duellanti" dei colpi di fucile da caccia che ne impallinarono alcuni, ferendoli anche gravemente.     Altre "battaglie" note sono nel 1877 in piazza San Lorenzo con i ciottoli della strada, nel 1878 presso Ponte Pila, nel 1879 sul Pian della Rocca(corso Dogali), nel 1881 sulle mura di San Bartolomeo.     L'arma preferita era il "cacciafrusto" che non era la classica fionda, ma una sua versione adattata funzionalmente.
   

    

 

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