I SANTUARI DELLA DIOCESI DI GENOVA
Santuario N.S. della MISERICORDIA
"Monte GAZZO"
di
Luciano dr. VENZANO
Accademico Esperto Campo Scienze Storiche
(Accademia Archeologica Italiana)
L'ORIGINE
n disegno del
1238 e i dipinti degli ex-voto, mostrano l’immagine di un monte ricoperto da
folta vegetazione. Tuttavia se il disboscamento va in larga parte attribuito
all’uomo, vuoi perché all’epoca della vecchia cantieristica sestrese ha
utilizzato gli alberi per costruire navi, vuoi perché se ne è servito per la
cottura della calce, in parte è dovuto anche all’aridità del suolo.
Maria SS. mai è apparsa sul monte Gazzo, mai vi si
ebbero miracoli comprovati, mai la sacra immagine ivi venerata ebbe l’onore
dell’incoronazione vaticana.
Finalmente, nel 1928, il vocabolo “Santuario” entrò
ufficialmente nell’Annuario dell’Archidiocesi, e vi è rimasto anche dopo la
promulgazione del Nuovo Codice di Diritto Canonico che definisce le
caratteristiche giuridiche dei Santuari. Sorto per la plebiscitaria volontà
della popolazione che aveva vissuto giorni drammatici, è rimasto al centro degli
affetti religiosi al punto che ancor oggi quanto concerne il Santuario del Gazzo
ha la forza di suscitare reazioni vivaci e commoventi anche nei non praticanti.
Tutto ebbe principio nel 1645 allorché il parroco della “matrice”, don
Giovanni
Battista Maccione, deliberò, con autorizzazione della Curia, di erigere sulla
vetta del Gazzo una grande croce di legno ben visibile dalle “ville”
sottostanti, sia “per porle sotto la Divina Maestà perché voglia
liberare questo luogo da tempeste”, sia per fare del monte una meta di
pellegrinaggi, sia perché fosse per chi la guardava un richiamo alla preghiera e
un invito a “cercare e a pensare alle cose di lassù”.
Non vi rimase a lungo: 12
anni dopo gli venne affiancata una statua della Madonna della Misericordia, e
della Croce non si ebbero più notizie. La motivazione della statua va ricercata
nella peste che stroncava vite umane in tutta la riviera.
Il contagio, che nel
1630 aveva decimato la popolazione milanese (è la peste descritta dal Manzoni) e
che aveva appena sfiorato il territorio della “Serenissima Repubblica di
Genova”, nel 1656 esplose con una moria tale da farne la peste più terribile
della storia genovese. Secondo la tradizione (non documentata, ma avallata dal
comune buon senso e accettata dagli storici) vi furono sestresi che, abbandonate
le case, si sarebbero accampati sulle pendici del Gazzo e delle colline
circostanti bivaccando in tende o in rifugi di fortuna per sottrarsi al contatto
con gli infetti.
Centovent’anni prima a Savona, il 18 marzo 1536, Maria SS., apparsa al contadino
Antonio Botta, invitava i savonesi alla penitenza, alla preghiera e ad
accostarsi ai SS. Sacramenti affermando che
voleva “Misericordia e non giustizia”.
Nella mentalità popolare malattie,
avversità, sofferenze sono sempre state interpretate come punizione per i
peccati: si comprende, perciò, il motivo per il
culto a Maria SS. “Madre di Misericordia”.
A Sestri, nell’imperversare della
moria, un frate laico Cappuccino del locale convento di S. Martino che si era
fatto apostolo della devozione alla Madonna della Misericordia, fiducioso nella
potenza d’intercessione di Maria SS. invocata con questo titolo, promosse un
raduno penitenziale presso la croce del Monte Gazzo. In preghiera, a piedi
scalzi, supplicarono la Vergine: poi il Cappuccino, aiutato da un converso e da
altre pie persone che avevano procurato e trasportato il materiale, modellò con
pietre e calce una colossale statua, alta cinque metri e mezzo, nel tipico
atteggiamento descritto da Antonio Botta, il veggente di Savona. Ciò avvenne
presumibilmente nei primi mesi del 1657.
L’insolita dimensione e la singolare
collocazione avevano l’unica finalità di rendere l’effigie ben visibile dalle
“ville” sottostanti perché i fedeli potessero rivolgersi alla Mamma del cielo
con un contatto più immediato. Imperversava ancora la peste che i Sestresi
cominciarono ad esternare a Maria SS. la loro fede, l’amore e la riconoscenza
con offerte cospicue e con lasciti per costruire un riparo affinché la sacra
immagine venisse protetta dalle intemperie che di certo l’avrebbero usurata.
Non fu possibile esaudire subito il desiderio della popolazione sia perché
perdurava la moria, sia perché occorreva il beneplacito del Senato della
Serenissima Repubblica di Genova. Finalmente il Capitano del Popolo di Sestri,
il “Magnifico” Giacomo Giustiniani, il 14 luglio 1660 inoltrò una petizione. Il
Senato rimise la pratica alla Giunta di Giurisdizione, la quale, ascoltato il
Capitano del Popolo, richiese un parere legale ai Rev. Padri Saoli e Vezzano,
per trovare il modo di accogliere la richiesta del Giustiniani, ossia che
l’erigenda Cappella, per evitare possibili abusi, fosse sottratta alla
giurisdizione ecclesiastica; infatti un luogo isolato e protetto dall’inclemenza
dei tempo poteva diventare un rifugio ideale per i malviventi che in più
avrebbero potuto invocare il privilegio dell’immunità della quale (secondo
l’usanza del tempo) potevano godere quanti si rifugiavano in luoghi sacri.
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