I  SANTUARI  DELLA DIOCESI DI  GENOVA

Santuario  N.S. dell' ACQUASANTA

di  Luciano dr. VENZANO
Accademico Esperto Campo Scienze Storiche
(Accademia Archeologica Italiana
)

 

LA  STORIA  ANTICA

tando ai riferimenti storici, la prima notizia sulla chiesa dell’Acquasanta ci viene da un documento dell’8 maggio 1465, relativo alla nomina con decreto di mons. Leonardo De Fornari, vicario dell’arcivescovo Paolo Campofregoso, dell’arciprete Bartolomeo Valdettaro della Pieve di Palmaro, quale custode della chiesa.
     Un documento attesta il conferimento al prete Grafigna Bernardo, oltre alla chiesa di sant’Ambrogio di Voltri, anche dell’oratorio dell’Acqua Santa già conferito ad vitam il 20 febbraio 1508 all’arciprete di Pra’, Rossi Pietro da Valdettaro Domenico vicario della Curia di Genova.    Prima di quell’anno il santuario faceva parte della parrocchia dell’Assunta di Pra’.
     Giova qui più ricordare la religiosa consuetudine che durò molto tempo presso i fabbricanti di carta di Arenzano, di Pegli, del Leira di offrirne ciascuno ogni anno una risma al Santuario; ed i nocchieri di Voltri di ammettere la chiesa dell’ Acquasanta alla partecipazione dei proventi delle loro navi.
     La pia consuetudine cominciata sin dal 1532, finì agli inizi del 1800.    Certamente il santuario fu visto da mons. Bossio vescovo di Novara, che visitò la Diocesi nell’anno 1582 in qualità di Visitatore Apostolico per controllare che tutto quanto avesse attinenza al mondo religioso fosse conforme ai dettami del Concilio di Trento.    In merito egli decretò: “…altare maius augeatur… dolium ab ecclesia amoveatur… duo altaria minora intra decem dies diruantur…”.
     Prima di giungere all’erezione dell’attuale santuario (1710), già notevole era il concorso di popolo, in gran parte proveniente dalle borgate vicine di Mele, Voltri, Pra’, Palmaro, Crevari, Arenzano, ecc.

Statua raffigurante la Vergine

     Si ha memoria, tra l’altro, della visita compiuta il 30 marzo 1617 da mons. De Marini, il quale trovò la statua della Vergine già situata sull’altar maggiore, fornito dell’ancona di Lazzaro Tavarone (1616), raffigurante l’Assunta.
     Nel 1798 purtroppo furono levate tutte quelle tavolette e voti, che oggi avrebbero un valore inestimabile per la ricostruzione della storia locale.
     Per il progresso materiale del santuario, mai disgiunto da quello spirituale, lavorò alacremente sin dal  sec. XVII  una Amministrazione composta di laici, attraverso dei «massari» scelti nella parrocchia di s. Ambrogio di Voltri, ed eletti da quel parroco.
     L’idea di dare al santuario questo tipo di amministrazione fu dell’arcivescovo di Genova, mons. Domenico De Marini.
     Da allora le elemosine vennero continuamente utilizzate per il miglioramento materiale del tempio e dei locali annessi, mentre altre oblazioni affluivano da parte dei fabbricanti locali della carta e dai bastimenti, il cui equipaggio veniva affidato alla protezione della Vergine.
     Venivano quindi eletti, per la prima volta, nel 1671, il 2 ottobre, i quattro protettori della cappella di s. Maria dell’Acquasanta che avevano il compito di amministrare i denari e le elemosine.    Il 5 novembre dello stesso anno, la chiesa dell’Acquasanta con tutte le sue terre, beni e pertinenze venne dichiarata Opera pubblica dal Senato della Repubblica Genovese, sotto la sua immediata protezione.    Per l’occasione fu vietato con severissime pene i giuochi, i balli ed altre rumorose adunanze intorno al tempio, fu vietata persino la vendita del vino e dei commestibili, senza previa licenza dei Protettori.     Il decreto fu rinnovato nel 1749, come si rileva dalla lapide messa per l’occasione.      Stando alle cronache di quel tempo, furono gli anni di maggior prestigio per l’Acquasanta.     Si era precisamente nei sec. XVII e XVIII.
      Un sacerdote voltrese, il rev. Chiazzari, annota che dal 1600 in poi tanto crebbe la devozione dei fedeli verso nostra Signora dell’Acquasanta che, al dir d’una cronaca, non solo accorrevano gran truppe di pellegrini, ma ancora le intere popolazioni...  Nel solo anno 1617 vennero persino da lontane parrocchie in abito processionale e tutte con larghe e preziose oblazioni... e sono le seguenti: Serra, Cerusa, Staglieno, S. Olcese, Strevi, Isoverde, S. Stefano di Rivarolo, Arpicella, San Martino di Paravanico, S. Stefano di Larvego, S. Sebastiano e S.S. Rosario di Rossiglione, Orsara, Cremolino, Borzoli, Fegino, Carpaneto, Trisobbio, Campo, Masone, Sestri, Multedo, Olba, Santa Zita di Bisagno, Pegli, Cogoleto, Arenzano, Varazze, Crevari, Palmaro, Sant’Ambrogio e Sant’Erasmo di Voltri, Mele., con le parrocchie vi erano anche le Confraternite, come è testimoniato da parecchie fonti di archivio delle varie Casacce.
     Di queste associazioni si ha memoria certa che sin dal sec. XVI, al santuario si recassero in processione con spirito di preghiera e di penitenza.     Le antiche Casacce, con ricche insegne religiose, organizzavano spesso processioni ai vari santuari.      Così avvenne anche per l’Acquasanta.
     Se nei secoli scorsi erano numerosissime, attualmente vi si reca ancora la Confraternita di s. Antonio Abate di Mele il 15 agosto; la domenica dopo s. Eugenio di Crevari, poi s. Ambrogio, il primo settembre s. Erasmo, chiude il ciclo la confraternita di N.S. Assunta di Pra’.
      Queste manifestazioni attraggono ancor oggi una grande quantità di fedeli e di curiosi, anche se non hanno più la magnificenza dei tempi passati.    La grande affluenza cominciò a causare problemi anche di ordine morale: i Protettori del santuario, nel 1784, si lamentarono, ad esempio, perché presso la chiesa si tenevano giochi e feste da ballo.     La protesta si levava anche da altri santuari, ma non fu mai presa troppo sul serio.     E’ ovvio che la gente si sposti oltre che per la preghiera anche per il bisogno di convivialità.
     Secondo il decreto costitutivo, approvato dal Serenissimo Senato della Repubblica Genovese il 5 dicembre 1675, la chiesa dell’Acquasanta veniva sottratta all’autorità arcivescovile e diventava Opera Pubblica.
     Con un nuovo decreto del 28 agosto 1749, la Repubblica di Genova permetteva l’erezione del campanile della chiesa con la condizione che alla base fosse collocata una lapide che doveva ricordare come la chiesa fosse sotto l’immediata protezione del Serenissimo Senato.
     Particolari difficoltà economiche s’incontrarono agli inizi del sec. XIX per le condizioni politiche che arrestarono la raccolta della carta, per la guerra e per il blocco di Genova.     

(RITORNA)

 

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